Sono una donna (temporaneamente) senza parrucchiere, da oggi.
Dopo 4 anni e 1/2 di fedele militanza mi sono scocciata e ho deciso di cambiare. Regolare come un orologio svizzero, ogni 2 mesi (tempo calibrato di tenuta del taglio, mica si diventa Art Director di Coppola per niente) chiamavo chiedendo un appuntamento con la Giò, un’istituzione, una sicurezza.
Aveva superato persino la prova distanza, quando dall’ufficio in Viale Gian Galeazzo, dove mi bastava prendere il 3 e in un attimo arrivavo in Piazza Duomo, ero passata all’auto e al parcheggio di Via Visconti di Modrone (almeno 9 euro da sommare a quelli di taglio e piega) ed ero contenta di questo lusso e di poter passare un po’ di tempo senza pensieri sul tetto di Milano.
La crisi ci ha messo del suo: da momento di relax vista guglie del Duomo, si è passati a bazar, in cui in una sola seduta di taglio e piega mi sono sentita proporre ben 7 tra prodotti e trattamenti non richiesti (con il ragazzo che faceva la piega tutto sorridente che si gira dall’altra parte e nemmeno ti saluta quando rifiuti di acquistare 6 palline – non richieste – destinate a rendere luminosi i tuoi capelli alla modica cifra di 55 euro).
A salvare la giornata è arrivato papà, che aveva deciso di fare un giro in piazza Duomo (!) – e così siamo tornati al Camparino a prendere un aperitivo e poi abbiamo girato per le vie luccicanti di saldi, increduli dinanzi al potere di spesa (e alla pazienza) della gente.