Giornata di vagabondaggi e di tempo incerto, ho persino dovuto comprare un ombrellino verde a forma di rana perchè aveva iniziato a piovere.
Città diversa da tutte quelle che ho visto.
Hong Kong si divide / anche nelle parole di chi ci vive / in “The Island” e Mainland (in senso esteso, Mainland è anche la Cina; in senso stretto sarebbe Kowloon).
The Island è in realtà costituita da una collina centrale (il Peak), da selve (parte sud) e dalla parte affacciata sul Mainland, che è la Hong Kong come la conosciamo noi: una sorta di New York asiatica, tutta grattacieli, traffico e con i taxi rossi invece che gialli (e i tram stretti e alti, assai buffi).
In realtà il mondo allo specchio è singolare: un incrocio bizzarro tra oriente ed occidente.
La storia di HK racconta che The Crown pur di ottenere anche Lantau e i cosidetti New Territories abbia acconsentito a firmare un trattato con la Cina, tale per cui HK avrebbe vissuto 99 anni sotto la monarchia britannica. Così il 1/07/1997 HK è tornata alla Repubblica Popolare Cinese, mantenendo però una certa autonomia amministrativa (e la propria moneta, il dollaro di HK).
Oggi HK vanta il mercato immobiliare più caro del mondo, 7 milioni di abitanti (tutti concentrati nella parte a nord e in Mainland), un sistema di trasporti fantasmagorico e, come diceva Luca a pranzo, è completamente civilizzata.
/ doppio battito di ciglia /
In effetti, è Asia, ma piegata come un bonsai riluttante alle fantasie occidentali. E’ un casino, insomma: si passa dai vicoli con mercatini all’aperto, ai centri commerciali di lusso; nel raggio di poche decine di metri trovi le bancarelle di Li Yuen Street e The Landmark (il centro commerciale più lussuoso).
Ci sono le pedestrian walk, strade pedonali che passano sopra alle strade trafficatissime, infilandosi direttamente nei Mall, disegnando un labirinto sospeso con puntuali indicazioni in inglese e cinese; c’è la metropolitana con la Octopus card, con cui copri anche l’acqua nei negozi Subway. Hai l’impressione che la vita si svolga su più piani: la strada e le pedestrian walk, i centri commerciali e i vicoli, una (ricca) classe dirigente certo non più solo europea e una moltitudine di gente asiatica impiegata per garantire l’alto livello di efficienza e di servizi.
Ecco, hai l’impressione che tutto sia efficiente.
In uno Starbucks (onnipresenti) ho incontrato il Sig. Allan Ermann, di New York, che ha seguito qui la moglie (portandosi anche Giovanni, il cane), che lavora in finanza. Dice che Hong Kong è bellissima, perchè è molto viva. Si è dato alla pittura (cinese) e farà la prima mostra a dicembre.
Mi ha fatto un sacco piacere pranzare con Luca, che è stato in Cina per Skywalk, ed è amico di papà. Dopo l’esperienza cinese ha fatto un master e ora fa il trader; ha 30 anni e dice che in Italia non tornerà. Doveva sposarsi a settembre, ma a due mesi dal matrimonio ha buttato tutto all’aria; ora cerca una casa più grande, che qui è un po’ un problema, perchè i prezzi degli immobili sono alle stelle.
Ho anche preso il Ferry e sono andata A Tsim Sha Tsui, da dove si vede lo skyline di HK… bellissimo, anche se piovigginava. La città è ancora più bella di notte, quando è tutta illuminata.
Ho visto:
- Hopewell Centre, il grattacielo con una forma strana
- Il Central Plaza, altro grattacielo, molto bello
- L’Exhibition Centre, a Wan Chai, affacciato verso Kowloon
- Mi sono persa ad Admiral Station
- The Landmark
- Lan Kwai Fong
- Hollywood Road, bella
- Le scale mobili “Central to Mid-level escalators”, fantasmagoriche
- Soho
- Man Mo Temple, che mi è piaciuto; rosso, con invece delle candele l’incenso avvoltolato in spirali enormi o più piccole, appese all’interno di una piattaforma, con dei foglietti di preghiera scritti a mano
- Exchange Square
- IFC Mall
- Il Pier e il suo corrispondente in Tsim Sha Tsui
- Harbour City Ocean Terminal (mi sono persa e ho giurato di non mettere più piede in un Mall).
Mi ha terrorizzato l’invasione dei brand della moda, che sono ovunque, onnipresenti e onnipotenti, all’insegna della globalizzazione più feroce. Orrendo.