Ieri cenavo a casa con un amico di vecchia data, di quelli che conoscono la disposizione di piatti e bicchieri nella tua cucina e soprattutto conoscono te / e quindi si presentano con la spesa fatta e si mettono a cucinare mentre tu fai la doccia. /
Si parlava ovviamente della incresciosa situazione del Paese, in cui chissà se vale la pena di restare e chissà se vale la pena di investire.
Riportavo convinta quello che mi aveva detto poche ore prima la fruttivendola al mercato: il problema sono gli italiani, che sono corruttori e corruttibili.
Non amo le sfumature (se non nella lingua scritta) e non sono disposta a perdonare chi non è onesto, mentre secondo il mio amico – certo più malinconicamente realista – occorre rassegnarsi alla disonestà della classe politica, purchè si ottengano risultati per il bene comune.
Dalle teorizzazioni sulla res publica, siamo passati alla sfera privata, ancora più disastrosa. Come diceva Darwin, sopravvive la specie più brava ad adattarsi e io non sono disposta ad adattarmi a nulla, quindi non sopravviverò. Chiariamoci: mai, mai, mai sotto i due carati.
Lui invece si è definito spiaggiato. Nelle donne cerca solo il sesso / Gesummaria cosa mi tocca sentire / e ovviamente le donne vogliono la storia. Qualcuno dovrebbe suggerirgli di andare a Cuba… non io, certo, sarebbe come favorire la concorrenza sleale, contribuendo al dilagare di un fenomeno che tutto sommato non posso guardare con favore.
La definizione spiaggiato però mi è piaciuta; mi sono tornate in mente le mie riflessioni sui “Sospesi”, quella condizione da cui le persone come noi / troppo sfaccettate o indecise per scegliere una sola strada / escono solo grazie ad eventi fortuiti.
La vera domanda è: ha senso uscirne? Si è più felici nella condizione di “Sospesi” oppure ben incasellati nelle vite (degli altri)?