Alla fine il Maracaibo week-end ci ha visto percorrere la Romagna a ranghi ridotti. Maria Chiara si scandalizzerebbe sapendo che non siamo nemmeno stati a ballare a Riccione, nonostante fosse nel programma scarabocchiato una settimana prima sulla solita tovaglietta ispiratrice della Venerina.
Siamo partiti venerdì, in ritardo e di fretta, per paura di non arrivare in tempo “Da Cesare” a Spilanberto, che – si sa – è assai selettivo e guai se arrivi oltre l’orario ufficiale.
Lui è il filosofo che ricordavo, la cucina eccellente. Peccato che voglia vendere, e che fatichi a trovare giovani con la voglia di mettersi in gioco, come ha fatto lui per tanti anni.
Penso che posti con la storia e il fascino del suo ristorante siano troppo preziosi perchè ci si possa permettere di lasciarli morire – o, peggio ancora, tramutarli in qualcosa di totalmente altro.
Il giorno dopo abbiamo fatto colazione da Staccoli e pranzato alla cooperativa di pescatori, e poi smangiucchiato in giro, fino ad arrivare alla spiaggia di Focara, dove dopo tanta discesa e nemmeno 1 ora di mare, è arrivata la pioggia.
Risaliti, siamo tornati a casa per scoprire che il piano di sopra era tutto allagato (per fortuna senza danni, è stata anzi l’occasione di dare una lavata ai pavimenti), così come i cuscini delle sedie portate all’aperto.
La sera – dopo il cocktail di Filippo – cena alla Venerina, e forse si è mangiato troppo: alla fine eravamo troppo pesanti per trovare la forza di andare a Riccione (io di certo troppo assonnata).
Domenica siamo stati a Riccione, ai bagni di Barbara, l’amica d’infanzia di Marco che non avevo mai conosciuto. La sua famiglia gestisce 2 bagni (attaccati), con piscina e vasche idromassaggio, e un sacco di giochi per i bambini, tenuti benissimo.
Con noi sono stati tanto gentili, mi ha fatto davvero piacere conoscerli, e passare un pomeriggio in spiaggia, con la piadina (buonissima), i ghiaccioli, i ragazzi stesi al sole e Marco addormentato.
Io, ciccia e tettona (ma non troppo).
Ho tanta voglia di mare.