La nonna se n’è andata questa notte, in silenzio, per non disturbare.
Iran mi ha svegliato e si è messo a dormire accanto al mio cuscino, poi ha telefonato papà e già sapevo quello che avrebbe detto.
Oggi è stata una giornata luminosa, di cielo azzurro e sole. Ho rivisto tante persone, che sono venute durante il giorno e poi per il S. Rosario.
Così tante cose da dire.
C’erano le zie, stasera. Zia Dora, del ’26 e zia Piera del ’27, che però è più conciata, con i dolori alle gambe, e ci sente pochissimo. Una piangeva, l’altra aveva gli occhi lucidi // pomeriggio avevo trovato una foto di tutte e tre, da giovani, ho promesso di portargliela // la zia Dora ha detto (in dialetto) “l’era una bella compagnia e pian pian la se desfa“. Mi ricordo quando giocavano a carte e c’era ancora il nonno, e lo zio Giulio. La zia ha detto anche, riferito alla nonna, “non si è rovinata”, perchè tra i vecchi si usa dire così, cercando di leggere nei visi immobili il racconto della malattia.
Mi ha commosso la zia Piera, perchè in fondo era quella più vicina alla nonna “ridevano sempre insieme”.
C’erano gli zii stamattina con me dall’impresa di pompe funebri, compiti e rigorosi nel voler fare tutto per bene // secondo la nostra tradizione, e qui ti accorgi di quanto scolpiti nella pietra siano i valori della terra in cui sei cresciuto… sicchè la nonna ha avuto i fiori, perchè usa così, sebbene noi nipoti preferissimo altro //.
Ero lì perchè non scrivessero qualche ovvietà, e alla fine la nonna ha avuto il manifesto funebre più unico che si potesse: ho chiamato Vito ed è stato così caro, mi ha fatto un manifesto che è piaciuto a tutti, con le rose del nonno che sono il simbolo della famiglia.
Ho rivisto Simona e Ombretta, che giocavano con me da bambine (il loro cortile confinava con casa mia); ora Simona vive in un paesino a 10′ da Trento, e Ombretta si è sposata. Non le vedevo da tantissimo e si è parlato della vita, di cosa facciamo, di amori, di figli.
Sono venuti la mamma e il papà di Linda, l’amica di infanzia di mia sorella. Parlavamo della vita e ho detto quel che dicevano gli antichi: “che un uomo abbia vissuto bene, lo si può dire solo quando è morto”; la nonna si è spenta a casa sua, con tutta la famiglia intorno, serenamente. Così era giusto.
La nonna sarebbe stata contenta di quanta gente è venuta al Rosario. Ero lì e pensavo che ancora – in fondo – sopravvivono i riti / e la Chiesa si batte come un leone per difenderli / e ne capisco le ragioni e l’importanza. Non porta nulla di grande una civiltà senza dei e senza tradizione; non porta a niente che duri davvero.
Guardavo il quadro del nonno, che ha dipinto l’Arch. amico degli zii e di papà. E’ riuscito davvero a raccontare una persona in un quadro, e mi è molto caro. Ha dipinto il matrimonio dei nonni, sullo sfondo della chiesa di Binzago, poi la casa della nonna, 3 bambini con i gatti, le rose del nonno, le rondini, i canarini e il laboratorio.
Mi manca tanto il nonno, ancora.
Mi ha scritto Daniel e mi ha commosso, più di tutti. Vorrei tanto rivederlo.
Mi manca da morire Betty, ho così voglia di parlare con lei.
Ho scritto a Paulo Humberto e Mara, che hanno conosciuto la nonna. E poi ho chiamato Memo, non lo so perchè, ma ho pensato che gli voglio bene.
Mi ha scritto anche la Sig.ra Grazia, la mamma di Marco. Così vicina.
Pomeriggio sono andata in ufficio, perchè anche quello era giusto. Stamattina dicevo a Simona che io e Marco consideriamo i ragazzi come una famiglia, ed è vero.